Nella mia famiglia d’origine non si è mai data una grande importanza alle feste comandate, quindi nemmeno a quella del primo e del due novembre. Nessuna celebrazione religiosa, ma nemmeno “pagana” – Halloween non era ancora di moda; al limite, scherzosamente, aspettavamo il Grande Cocomero, come si leggeva nelle strisce di C. M. Schulz che apparivano sulla rivista Linus – e nemmeno quella cosa a metà tra l’una e l’altra, come la preparazione notturna della tavola per le anime dei defunti con acqua, minestra e biscotti.
Tutto ciò molto serenamente, senza la minima ostilità nei confronti delle tradizioni famigliari degli altri e, soprattutto, senza la minima animosità nei confronti dei dolci legati al periodo. Anzi! A Milano e in Brianza in quei giorni – allora già freddi e nebbiosi – ci si consolava con la torta di pane (ogni famiglia una ricetta) che era tipica dell’autunno, e con i Pani dei morti e le Ossa dei morti che aprivano la via all’inverno.
Se con la torta di pane mia madre se la cavava abbastanza bene, panini e biscotti si compravano solo dal panettiere sotto casa o in pasticceria. Io ricordo i Pani dei morti come dei veri e propri panini con l’uvetta, un po’ appiccicosi e con un sentore di spezie che non era proprio di mio gusto. Poi, a essere sincera, li ho dimenticati senza rimpianti per anni. Decenni, a dire il vero.
Qui in Sardegna, pur rimanendo una persona molto poco spirituale, perché se uno nasce tondo difficilmente muore quadrato, mi sono un po’ lasciata coinvolgere dalla tradizione dei dolci e dei biscotti legati alle ricorrenze, anche religiose. Per esempio, ho raccolto e provato un bel catalogo di ricette per i papassini (o LE papassinE) e poi mi sono ritagliata una ricetta semplice semplice, che è diventata, in qualche modo, parte della mia tradizione di cuoca.
Ma quest’anno, forse complice la lettura e lo scoppiettante battage mediatico seguito alla pubblicazione del libro La cena delle anime dell’amica Maria Laura Berlinguer, mi sono tornati in mente i dolci di novembre della mia infanzia.
Nel libro, Iride, tornata alla casa natia in un piccolo paese della Sardegna per un lutto famigliare, scopre quasi casualmente la vicenda della trisavola Mimì, coinvolta, negli stessi giorni un secolo prima, in una vicenda di violenza coniugale, amicizia, amore e fuga. Decide allora, vista la coincidenza del periodo e il forte legame spirituale che Iride sente nascere con Mimì, di allestire per lei una vera cena delle anime. Con la complicità della governante la notte tra il primo e il due novembre dispiegherà la tovaglia più bella, luciderà le posate e i bicchieri più preziosi e preparerà i dolci più buoni per l’anima di Mimì e del suo amato Emanuele.
Lasciato il libro, ho fatto un po’ di ricerche per risalire a quei dolci della mia infanzia, ma alla fine mi sono trovata con più domande che risposte. Se googlate “pani dei morti” vi appariranno moltissime ricette, ma tutte di biscottoni speziati al cacao. Ma io me li ricordavo diversi! Poi, sul sito della Regione Lombardia ho trovato una ricetta più corrispondente al mio ricordo, in cui si parla di “panetti” da cuocere in forno. Peccato che poi nella foto che illustra la ricetta appaiano chiaramente dei biscotti. Sul fronte cartaceo non mi è andata meglio: ho trovato un paio di riscontri, ma le ricette che ho letto prevedevano anche il miele e il cioccolato… Insomma: confusione.
E allora? E allora facciamo che andiamo a spanne. Biscotti siano, ma senza il cacao. E che gli ingredienti siano una bella, sana, gioiosa (malgrado il periodo) contaminazione. E facciamo che li chiamiamo biscotti di novembre e non se ne parla più.

Biscotti di novembre
Per 32 biscotti grandi
200 g di amaretti sardi morbidi
200 g di biscotti sardi (savoiardi)
200 g di farina di grano tenero
150 g di zucchero semolato
80 g di uva passa
80 g di gherigli di noci
80 g di pinoli
80 g di fichi secchi
3 albumi
½ bicchiere di Vernaccia (o altro vino bianco secco)
1 cucchiaino da tè di bicarbonato
1 cucchiaino da caffè di anice stellato in polvere
1 cucchiaino da caffè di sale fino
Lasciate rinvenire l’uva passa in acqua tiepida per almeno mezz’ora, poi scolatela, strizzatela bene e asciugatela tamponandola con carta da cucina.
Riunite noci, fichi e pinoli nel vaso del mixer e tritate azionando a scatti. Non insistete troppo.
Fate la stessa cosa con amaretti e biscotti. Cercate di ottenere briciole uniformi, ma non finissime.
Setacciate insieme farina, zucchero e bicarbonato in una ciotola grande, aggiungete il sale e l’anice stellato. Mescolate. Aggiungete i biscotti e la frutta secca. Aggiungete l’uva passa.
Unite il vino e, per ultimi, gli albumi leggermente montati.
Cercate di amalgamare il tutto con un cucchiaio di legno, poi rovesciate l’impasto sul piano di lavoro (possibilmente di marmo) leggermente infarinato. Lavorate un po’ il panetto e dategli una forma allungata, vagamente squadrata. Fate scivolare il “salsicciotto” su un tagliere e fate riposare in frigorifero per un’oretta.
Accendete il forno e portatelo a 180° in modalità ventilato. Rivestite una teglia forata di carta da forno.
Riprendete l’impasto e tagliatelo a fette alte poco più di un centimetro disponendole via via sulla teglia.
Cuocete per circa 20 minuti. I biscotti cresceranno un po’, quindi lasciate spazio tra l’uno e l’altro, ma niente paura se alla fine si toccano: si lasciano separare facilmente.
Spegnete il forno e fate riposare per una mezz’ora a sportello aperto. Togliete i biscotti e fateli raffreddare completamente. Sono morbidi e consistenti allo stesso tempo. Conservateli in una scatola ben chiusa solo quando saranno assolutissimamente freddi.

