Il gelo di mellone

Tondeggiante – ma anche “a siluro” – verde scuro – ma anche chiaro – con la polpa rossa – ma anche bianca, o gialla – fatto anche per il 95% di acqua: il cocomero, o anguria, sindria, pateca, sarginiscu, cetrone, cucumbra, zipangolo, citrone, mellone

Una serie di nomi regionali assai curiosa. Il termine anguria, usato prevalentemente nel Nord Italia, è di origine greca: ἀγγούριον (aggurion), che in greco antico indicava un po’ tutta la famiglia, dal cetriolo alle zucche a fiasco; così lo chiamavano i Bizantini che lo coltivarono per primi nelle campagne del Ravennate. Quello ligure, pateca, viene dal Portogallo (forse attraverso la Francia), dove oggi il termine indica uno sciocco, un sempliciotto, uno che non sa di nulla.

Sarginiscu è un termine esclusivamente salentino che richiama il fatto che il cocomero approdò sulle coste locali con i Saraceni. Zipangolo è il nome calabrese ed è quasi sicuramente un termine derivante dalla parola greca che indicava una varietà di cetriolo selvatico (non per nulla Reggio Calabria e Crotone sono città fondate dai Greci). La sindria sarda è una parola che deriva dallo spagnolo sandia; mentre cocomero (e affini) è il termine più facile: viene dal latino cucumis, che, però, a suo tempo indicava il cetriolo.

Infine mellone, con due elle (o mulluni), è un termine prettamente siciliano che andrebbe meglio specificato dicendo “mellone d’acqua”. Che poi è il nome che usano – tradotto paro paro – gli americani: watermelon. Ovvio che glielo abbiamo insegnato noi.

E ci siamo arrivati. Il gelo di mellone ha una ricetta di base semplicissima. Poi, a seconda delle zone, si limano i particolari, si alitano le sottigliezze di sapore. Chi mette gocce (o pezzetti) di cioccolato fondente a mimare i semini del frutto; chi cannella, chi chiodi di garofano; chi profuma con la vaniglia, chi aggiunge i canditi di zucca, chi i pistacchi per mimare la scorza, chi i profumatissimi fiori di gelsomino. Tradizione vuole che il gelo di mellone sia il dolce di Ferragosto in tutta la Sicilia, tranne a che a Palermo, dove invece lo si dedica a Santa Rosalia, la cui festa cade il 15 luglio.

Questa ricetta viene dritta dritta da un libro che mi segue sempre: Il grande libro dei dolci di Giuliana Lomazzi edito da Ponte alle Grazie un… bel po’ di anni fa, ma ancora disponibile.

Il gelo di mellone

Per 4 persone

1 l di succo di cocomero

90 g di amido di mais

100 g di zucchero finissimo (circa)

130 g di gocce o scaglie di cioccolato

60 g di canditi di zucca

130 g di granella di pistacchi

1 cucchiaino di cannella in polvere

Ponete l’amido di mais setacciato in una casseruola, aggiungete pian piano il succo di cocomero amalgamando senza formare grumi. Per ottenere il succo utilizzate, se l’avete, una centrifuga, oppure – come ho fatto io – passate la polpa al mixer e poi attraverso un setaccio fine (per me il risultato è anche meglio).

Aggiungete lo zucchero e, mescolando continuamente, portare a ebollizione su fuoco medio. Assaggiate dopo aver messo metà dello zucchero: se il frutto è già molto dolce ne potrebbe bastare meno. Abbassate la fiamma e fate addensare per qualche minuto, poi lasciate raffreddare completamente mescolando di tanto in tanto.

Aggiungete la cannella, i canditi di zucca e il cioccolato, amalgamate e versare in quattro coppette inumidite con acqua ghiacciata. Conservate in frigorifero per alcune ore (meglio una notte intera). Prima di servire cospargete con la granella di pistacchi.

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