Secondo il principio evoluzionistico di Foster, gli esemplari di flora e fauna presenti sulle isole sono in genere più piccoli dei loro omologhi continentali. In Sardegna questo vale, per esempio, per i cavallini della Giara, o per il cervo sardo che, benché sia il più grande mammifero (non umano, certo…) presente sull’isola, non supera il metro d’altezza; vale per le volpi, per i pipistrelli e via elencando. Vale naturalmente anche per uomini e donne (che sempre fauna sono). Ma qui da noi si va oltre: il principio si estende anche ai Comuni.
In Sardegna abbiamo Baradili, che non raggiunge gli 80 abitanti, Monteleone Roccadoria, che supera a stento i 100 e Sennariolo, che va appena oltre i 150. E potrei continuare. Il bello è che, a volte, questi piccoli paesi adagiati tra i campi o appesi tra le rocce nascondono gemme preziose.

Sennariolo, in provincia di Oristano, da cui dista circa quaranta chilometri, è decisamente generoso: il paese è pulito, fiorito, tranquillo, impreziosito dai murales dell’artista Pina Monne (che è nata a Irgoli, ma fa base a Tinnura, che ha meno di 250 abitanti); dalla chiesa di Sant’Andrea con il suo campanile a cipolla con lo splendente tetto di ceramica colorata; da diverse case del XVI e XVII secolo; da minuscoli e segreti giardini di limoni. Sennariolo è tecnicamente un comune “di montagna”, visto che si trova a 400 metri di altezza nel cuore del massiccio del Montiferru, ma il mare è a soli cinque chilometri in linea d’aria. Appena fuori paese la macchia e i pascoli sono praticamente intonsi, allo “stato naturale”, e la chiesetta campestre di Santa Vittoria dal suo colle domina il paese da un lato, il mare dall’altro.

Ed è qui, proprio sul colle di Santa Vittoria, che Gian Luca Del Rio e Patrizia Sulas hanno aperto, oltre vent’anni fa, il loro ristorante nei locali che furono di una casermetta, eretta lassù per la facilità di controllo del territorio. E non potevano che chiamarlo La Rosa dei Venti. Conosco Gian Luca e Patrizia dal 2009. Capitammo per caso, girando in macchina alla ricerca di chiesette campestri, una domenica. L’accoglienza e la cucina furono talmente eccezionali che cominciammo a “capitarci per caso” il più possibile e poi a fare della salita al colle una amichevole routine mensile.

In questi sedici anni il locale si è evoluto moltissimo dentro e fuori aggiungendo piccole comodità e piacevoli “lussi”: una veranda, una grande vetrata, un giardino fiorito e un orto, angoli relax all’aperto e al chiuso, stoviglie, portatovaglioli, centrotavola eleganti e colorati. La cucina anche: pur rimanendo fedele al territorio e alla tradizione, scegliendo sempre la materia prima migliore disponibile in tema di pasta, pane, carne, formaggio, verdura, olio, vino, la scelta è stata ampliata e la creatività si è assestata su uno standard elevato con uno stile ben riconoscibile.

Presente su tutte le principali guide italiane di ristoranti; citata spesso su riviste specializzate e premiata ogni anno dalla Chiocciola di Slow Food, La Rosa dei Venti è uno di quei posti dove le persone tornano e ritornano, anche a distanza di anni, anche da molto lontano.

Da Gian Luca in questi anni ho imparato moltissimo: grande conoscitore delle erbe selvatiche, dalle quali è capace di trarre frittelle e minestre assolutamente stupefacenti, condivide volentieri la sua esperienza e racconta come le erbe spontanee siano da sempre al centro della cucina tradizionale sarda. Non solo: Gian Luce e Patrizia sono una miniera di informazioni sulla cucina locale: sa tumballa de sos isposos, che si cucinava un tempo per i pranzi di matrimonio (e che non è un dolce, ma una monumentale costruzione di riso, carne e piselli o carciofi) e le lilleddas (una pasta molto particolare) non li avrei mai conosciuti se non me li avessero fatti assaggiare loro. E poi le varianti locali dei dolci di mandorle, i trucchi per preparare la sapa, l’uso sapiente della carne di galletto e coniglio, le sfumature di stagionatura di pecorini e Casizolu…

Ma qualcosa di nuovo a La Rosa dei Venti lo si assaggia sempre. La proposta delle ricette “di paese” si aggiunge a una serie di assaggi che aprono ogni pasto: verdure freschissime in ogni modo (le cipolline al miele!!), polpettine, frittelle di erbe, lumachine, formaggi abbinati alle più deliziose composte di frutta. I concetti di semplice, locale, tradizionale vengono declinati in una chiave personale e mai statica. Arrosti di bovino, suino, capretto; umidi e intingoli, ma anche un uso sapiente del pane come ingrediente in ricette “povere” ma gustosissime.

Ma La Rosa dei Venti non è solo questo. È anche un minilaboratorio di conserve e, da un anno, anche un produttore di miele. Alla bellezza della macchia che circonda il ristorante, alla vista che spazia da Capocaccia a su Pallosu, ai profumi, al silenzio (lì si è davvero lontano da tutto) si è aggiunta l’operosità di alcune famiglie di api. Le arnie sono al sicuro tra i rosmarini del “giardino selvatico” e le amichette ronzanti si danno un gran daffare. Il risultato è un miele color oro scuro con un profumo intensissimo: Su mele ‘e su entu (il miele del vento).

La cordialità, il calore, l’aria di casa che si respirano qui sono difficili da descrivere. Guidare fino a Sennariolo (che, poi, da Sassari, si tratta di un’ora esatta di auto rispettando tutti i limiti di velocità possibili) è una cosa che si fa sempre più che volentieri e si rifà, si rifà e si rifà…
