Quelle che ho trovato al mercatino della Coldiretti vista la stagione non erano più “favette” (primizie), quindi mangiarle con tutto il baccello era un (bel) po’ al di là delle mie possibilità. Ma comunque, visto che in genere io le fave non le sbuccio e invece per una ricetta mi erano servite… nude, ho almeno recuperato lo “scarto”.
Un sacco di parentesi e puntini e virgolette per dire che buttar via il meno possibile quando si usano le verdure è sempre cosa buona e giusta. E ci vuole anche poco. Il web è pieno di ricette che usano i baccelli dei piselli, per esempio: fate una ricerca e vedrete cose molto, molto interessanti. Anche un sacco di cavolate, ovvio, ma cosa volete farci.
Ma, intanto, un attimo per mettere qualche puntino sulle i: il baccello è il frutto delle piante leguminose; ha in genere una forma allungata che si apre in due parti chiamate valve. Le leguminose (o fabacee) comprendono circa 18mila specie distribuite in circa seicentocinquanta generi. Il baccello contiene sempre più semi, mangerecci o meno. I legumi più comuni – e mangerecci – sono i piselli, i fagioli, i ceci, le lenticchie, la soia, i lupini, le arachidi e, appunto, le fave.

Quello che mangiamo comunemente è quindi il seme della pianta. La parte esterna del seme si chiama pericarpo ed è una “struttura” che protegge il seme e che può essere suddivisa in epicarpo (la parte più esterna), mesocarpo (la parte centrale) ed endocarpo (la parte interna). Cosa che, o occhio nudo, non si distingue. Questo è ciò che chiamiamo volgarmente buccia.
Dentro la buccia c’è, infine, la polpa o seme vero e proprio, ricco di proprietà nutrienti (proteine, fibre, sali minerali, vitamine) che servono alla pianta per crescere una nuova generazione. Che è anche il motivo per cui noi “padroni del mondo” coltiviamo legumi da millenni.
Quindi attenzione quando si leggono (e si scrivono, per chi lo fa) i titoli delle ricette. Una cosa è riciclare i baccelli, un’altra le bucce.
Qui si usano le bucce. Di fave.
In una precedente ricetta servivano fave sbucciate, più che altro per il colore più intenso della polpa rispetto alla buccia, quindi avevo fatto cuocere le fave in acqua leggerissimamente salata e acidulata con un cucchiaino di aceto di mele, poi le avevo scolate e gettate immediatamente in una ciotola con acqua fredda e cubetti di ghiaccio. Una volta freddate avevo pazientemente, ma facilmente (oppongono la minima resistenza), sbucciato tutte le fave. Polpa da una parte per la ricetta, bucce dall’altra.

Pesto rustico di fave
Per questo “pesto” non serve indicare le quantità: andate a occhio
Bucce di fave lessate
formaggio di media stagionatura (pecorino, ma anche no)
olio extravergine di oliva
pinoli
noci sgusciate
scorza di limone
aglio
capperi sotto sale
basilico, menta e prezzemolo freschi
pepe bianco
Per prima cosa dissalate accuratamente i capperi con diversi bagnetti nell’acqua e/o acqua + aceto di mele e poi asciugateli.
Grattugiate il formaggio in modo grossolano o, comunque, non finissimo. Utilizzate magari dei pezzetti dimenticati nel frigo da un po’ (dopo averli ben puliti) di vari formaggi. Saporiti, ma non troppo stagionati.
Asciugate accuratamente le bucce delle fave (soprattutto se le avete appena lessate – vedi introduzione).
Grattugiate la scorza di un limone biologico. Lavate e asciugate le erbe aromatiche fresche.
Ora riunite tutti gli ingredienti indicati nel vaso del mixer e azionatelo a scatti. Aggiungete olio a piacimento, evitate il sale, che tanto ci sono capperi e formaggio. Fermatevi quando avrete raggiunto una consistenza morbida, ma rustica.
Servite con crostini, pane integrale, pane pistoccu o carasau. Conservate questo “pesto” in frigorifero (se avanza) per qualche giorno in un contenitore ben chiuso.