Un post “didattico” sulla pasta brisée e le sue derivate con indicazioni e variazioni, date da cuoca casalinga, che bada al risultato e non possiede un’impastatrice, a dimostrazione di quanto sia facile prepararla rinunciando alle basi pronte comprate al supermercato. Che non sono il male assoluto, e ci mancherebbe!, ma nemmeno la cosa più sana del mondo, via.
Cosa è la brisée? Una pasta friabile, tecnicamente definita “leggermente sfogliata”, ovvero un tipo di impasto che si trova a metà strada tra una pasta frolla e una sfoglia, con la consistenza “sabbiosa” della frolla e la lieve tendenza – se ben stesa – a separarsi in strati sottili durante la cottura, di sapore tendenzialmente neutro, nel senso che può essere utilizzata sia per preparazioni salate sia dolci.
L’origine della pasta brisée è sicuramente francese, ma è nota e usatissima nella cucina italiana almeno dal XVIII secolo, quando appare ufficialmente ne Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi – un ricettario di autore ignoto che riprende in gran parte il francese La cuisinière bourgeoise di Joseph Menon – molto diffuso dal 1766 (data della prima edizione) fino alla metà dell’Ottocento nelle cucine dell’alta borghesia, dove la presenza di almeno un cuoco era proprio il minimo indispensabile.
In questo libro, che per altro è ancora disponibile in un prezioso testo critico, per la prima volta appaiono le traduzioni in italiano di molti cavalli di battaglia della cucina francese, e persino di alcuni ingredienti al tempo sconosciuti da questa parte delle Alpi. Poco dopo, nel 1788, nel testo Il pasticciere all’uso moderno, il cui autore, Leonardi, fu cuoco di Caterina II di Russia, faceva capolino anche una versione “fine” all’olio d’oliva.
Quindi partiamo da qui. Intanto è importante tenere presente le proporzioni. Nella brisée classica il peso della farina è sempre il doppio del peso del burro. Poi i passaggi: prima l’unione di farina e burro con un pizzico di sale, poi l’aggiunta di acqua fredda poco a poco; in seguito una manipolazione veloce su una superficie fredda, infine il riposo necessario prima di stenderla con il matterello.
Per farina intendiamo le farine con glutine (anche integrali) come quella di grano tenero, di grano duro e di farro. Eventuali aromi o ingredienti (un po’ di zucchero, aceto di mele, erbe aromatiche tritate…) si aggiungono nel secondo passaggio.
Il burro è importante che sia fresco, meglio (infinitamente meglio) se con una percentuale di grassi uguale o superiore all’80%. Considerate che è la legge che prevede che il burro contenga almeno l’80% di grassi, anche se poi esistono in commercio burri chiamati “leggeri” in cui questa percentuale si dimezza. Magari lasciate perdere la leggerezza per un momento e, soprattutto, state lontani dalla margarina.
Il burro può essere sostituito dall’olio, meglio extravergine di oliva. Il risultato è una pasta fine, molto molto friabile, adatta a chi non mangia derivati animali o è intollerante ai derivati del latte. Ma qui le proporzioni cambiano: il peso dell’olio dev’esse solo un quinto del peso della farina (per 500 g di farina solo 100 g di olio) e l’acqua è decisamente di più: fino al doppio dell’olio.
Io, a volte, uso poco meno di burro e aggiungo un cucchiaio d’olio di oliva extravergine. Più per il sapore che per la consistenza e solo quando la brisée sposa ingredienti salati.
E fin qui siamo in Europa continentale. Poi esiste la pie crust, ovvero la versione anglosassone della brisée, che è stata ottimizzata per le pie, quelle torte chiuse (pasta sotto e pasta sopra, in mezzo un ripieno di frutta se dolci, ma anche carne e interiora) alla Nonna Papera. In cosa è diversa? C’è un po’ più di burro e c’è un po’ di aceto di mele. Il risultato è leggermente più friabile, molto burroso, ma fresco e non stucchevole, e l’aspetto finale è leggermente più dorato. Le proporzioni sono queste: per 150 g di farina di grano tenero, tipo 0 o 1, si usano 100 g di burro fresco, 1 cucchiaio di zucchero di canna, 1 cucchiaio di aceto di mele, 1 cucchiaio circa di acqua fredda.
E fin qui la teoria. Passiamo alla pratica.
Togliete il burro da frigorifero, pesatene 125 g e tagliatelo a dadini il più piccoli possibile.
Prendete una ciotola – meglio se di acciaio – e setacciatevi accuratamente 250 g della farina che avete deciso di utilizzare.
Potete usare 250 g di farina di grano tenero, oppure 100 di grano tenero e 150 di farro; oppure sostituire 125 g di farina raffinata con altrettanti di farina integrale. Potete anche usare 150 g di farina di grano tenero e 100 di semola di grano duro rimacinata finissima. Importante è setacciare per evitare grumi.
Gettate il burro nella farina, coprite con un telo e aspettate circa un quarto d’ora. Aggiungete il pizzico di sale.
Se la preparazione è dolce, unite anche un cucchiaio di zucchero bianco o di canna, o comunque grezzo. Lo zucchero di canna o grezzo aggiunge aroma. Se volete, in questa fase potete aggiungere un trito di erbe aromatiche (qualche foglia o rametto). Io uso spesso il timo lavato, asciugato e tritato con la mezzaluna. Lo aggiungo sia in preparazioni salate, sia dolci, specie in torte con le albicocche.
Ora lavorate con la sola punta delle dita il burro con la farina: sfregate e pizzicate finché la farina è completamente intrisa di grasso e avete ottenuto una massa di briciole fini e morbide.
Adesso aggiungete un cucchiaio d’acqua fredda e impastate, un secondo cucchiaio e impastate. Non cedete alla tentazione di aggiungere molta acqua tutta insieme, ma andate per gradi, fatela completamente assorbire e, sempre lavorando con le mani, cercate di capire il momento in cui da ammasso-di-briciole si passa a pasta-liscia-e-omogenea. È in questa fase che io sostituisco uno dei cucchiai d’acqua con uno di aceto di mele, soprattutto se la preparazione prevede poi ingredienti “bagnati”, tipo pomodori, o magari fragole, perché dà un po’ più di struttura alla pasta.
Quando la pasta è coesa, rovesciatela sul piano di lavoro, che – idealmente – dovrebbe essere di marmo. Se il piano della vostra cucina non lo è, cercate comunque una superficie fredda, lontano da elettrodomestici che la possano riscaldare, e cercate di non cospargerlo di farina: sarebbe un’aggiunta inutile alla massa lavorata e la renderebbe, in seguito, più dura da stendere.
Date qualche “colpo di polso”, ovvero non lavorate la pasta per più di qualche minuto, rigiratela spesso, tiratela velocemente e poi ricomponetela in una palla. Non dev’essere appiccicosa.
Adesso avvolgetela o in un telo a trama molto fitta, o in pellicola naturale con cera d’api, o anche in normale pellicola per alimenti. Lasciate la pasta in frigorifero per almeno un’ora. Potete lasciarla riposare anche tutta la notte. Il riposo è comunque essenziale.
Passato il tempo di riposo, togliete la pasta dal frigorifero, liberatela dalla pellicola, adagiatela sul piano di lavoro sopra un foglio di carta forno. Lasciate che si scaldi un po’, non pretendete di stenderla immediatamente o farete una fatica tremenda e otterrete una sfoglia piena di crepe.
Cercate di appiattirla un po’ con le mani, poi lavorate con il matterello di legno (o di marmo) rigirando spesso il foglio e procedendo in tutte le direzioni in modo che lo spessore sia omogeneo. Infine raggiungete la forma/misura desiderata e procedete con la preparazione.
La pasta si deve staccare agevolmente dal foglio di carta, dev’essere liscia e senza crepe, morbida al tatto, ma complessivamente compatta. Se non è così può essere colpa della temperatura troppo elevata. Potete rimediare in extremis rimettendola in frigorifero già stesa, sopra un vassoio, aspettare un po’ e poi terminare la lavorazione.
Se usate uno stampo aiutatevi con il foglio di carta per inserirvi la pasta e poi rifilate i bordi; se state preparando una galette rifinite i margini con una rotella tagliapasta e procedete a farcirla per poi piegare la pasta ai bordi.
Ora torniamo un attimo indietro. Se volete confezionare una brisée all’olio procedete così: setacciate la farina, aggiungete l’olio e il sale e aspettate un attimo, poi lavorate con una forchetta e solo in seguito aggiungete l’acqua – sempre poco alla volta – e sbriciolate/impastate tutto di seguito. Naturalmente poi fate riposare.
Se, invece, volete solo “aromatizzare” il vostro impasto con un po’ di buon olio d’oliva, pesate un po’ meno burro e versate uno o due cucchiai di olio sopra le briciole appena prima di aggiungere l’acqua. Procedete poi come descritto sopra.
Una variante molto carina: aggiungete un cucchiaio di polvere di barbabietola alla farina, setacciando tutto insieme. Un bel color rosa (che si attenua in cottura) per galette a base di frutta. Attenzione in questo caso a bilanciare l’acqua: anche se la polvere di barbabietola è… beh, polvere, è igroscopica, ovvero tende ad assorbire umidità. Un pochino meno acqua e velocità nell’impasto saranno sufficienti per bilanciarla.
Se usate un’impastatrice naturalmente è tutto più facile. Almeno credo.
Qui, nell’archivio del sito, potete trovare – oltre ai link già inseriti nell’articolo – altre ricette con la pasta brisée: sarà sufficiente fare una ricerca nello spazio con la lentina, in alto a destra.